I MISTERI DELL’AUTOREGOLAZIONE E IL LAVORO DEI MECCANOCETTORI

estratto da centrostudikeiron.it

“L’anima dell’uomo, con tutte le sue sorgenti di acqua pura vivente, sembra sgorgare nella fascia del suo corpo. Quando tu vieni a patti con la fascia, tu tratti e lavori con le succursali del cervello sottoposte alle stessi leggi del quartier generale, come se lavorassi con il cervello stesso: perché dunque non trattare la fascia con lo stesso grado di rispetto?” (Still, 1899)

“La trasmissione di impulsi nel nostro sistema nervoso spesso si attua attraverso sostanze messaggere che viaggiano attraverso sentieri neurali così come attraverso il sangue, la linfa, il fluido cerebrospinale o la sostanza fondamentale (Kandel 1995). Questo sistema globale per rapide regolazioni corporee è inseparabilmente connesso con il sistema endocrino e immunitario. Questa giungla è un campo autoregolato con uno stupefacente grado di complessità , continua riorganizzazione e plasticità , anche negli adulti.” (Schleip 2003 parte 1, pp. 13-14).

Come abbiamo visto, gli studi di Cottingham riportati precedentemente suggeriscono un concetto neurofisiologico prontamente adottato da Ward (Ward 1993) e Schleip (Schleip 1989): i recettori di Golgi si trovano nel connettivo, nei legamenti (terminazioni di Golgi), nelle capsule articolari così come nelle giunzioni miotendinee (organi tendinei di Golgi). Questi recettori risponderebbero agli stiramenti lenti inducendo i motoneuroni alfa, attraverso il midollo spinale, ad abbassare la loro frequenza di scarica, ad esempio rilassando le fibre muscolari ad essi correlate. Ricerche ulteriori affermano che lo stretching passivo non influenza gli organi di Golgi, stimolati invece nello stretching attivo, che avviene cioè durante la contrazione attiva del muscolo. La ragione è dovuta al fatto che gli organi di Golgi sono ordinati in serie con le fibre muscolari, per cui gli organi di Golgi forniscono un feedback di informazioni a proposito dei cambiamenti di forze durante la contrazione, ovvero quando il muscolo con relativa miofascia viene stirato durante una sua contrazione attiva. Inoltre, solo il 10% dei recettori di Golgi si trova all’interno dei tendini, il resto si trova nella porzione muscolare delle giunzioni miotendinee, nelle inserzioni delle aponeurosi, nelle capsule ecc., e studi approfonditi sulla stazione eretta hanno rivelato una loro nuova funzione: allo scopo di gestire la sfida gravitazionale dell’equilibrio per noi bipedi, il nostro sistema nervoso centrale può regolare i recettori tendinei di Golgi e il cosiddetto arco riflesso24 così che possano funzionare quali delicatissimi recettori antigravità (questo spiega come mai alcuni dei riflessi delle gambe per il bilanciamento nella stazione eretta siano più rapidi di quanto occorrerebbe ad un impulso nervoso per andare dal cervello alla gamba).

Ma non finisce qui: studi istochimici dettagliati sulla fascia, eseguiti presso il Biomedical Engineering Institute of the Ecole Polytechnique in Montreal, hanno rivelato che essa è riccamente popolata di meccanocettori. I ricercatori ne descrivono tre tipi: il primo gruppo comprende i corpuscoli di Pacini e i più piccoli corpuscoli Paciniformi. I primi rispondono ai rapidi cambiamenti di pressione e alle vibrazioni, i secondi hanno simile funzione e sensibilità . Il secondo gruppo sono gli organi di Ruffini che non si adattano così rapidamente e quindi rispondono anche ai cambiamenti di pressione a lungo termine; essi rispondono in particolare agli stiramenti laterali (applicazioni di forze tangenziali) e la loro attivazione inibisce l’attività del simpatico. Sembra che i recettori di Pacini siano sensibili a quelle manipolazioni lente e profonde dei tessuti molli. Entrambi i tipi sopra descritti, con differente diffusione, si trovano nel tessuto connettivo: nella fascia dei muscoli, nei tendini, nei legamenti, nelle aponeurosi, nelle capsule articolari. Questo ci spiega come mai non coinvolgendo i recettori situati nei muscoli, ad esempio trattando la caviglia lateralmente e quindi lavorando “solo” i tessuti connettivi, otterremo comunque dei feedback.

Per presentare il terzo tipo di recettore è necessaria una piccola premessa: per molti è una sorpresa sapere che il nostro più ricco e ampio organo sensoriale non è l’occhio, l’orecchio, la pelle o il sistema vestibolare, bensì il sistema miofasciale, ovvero i nostri muscoli e fascia correlata. Il nostro sistema nervoso centrale riceve la maggiore quantità di nervi sensitivi proprio dal tessuto miofasciale. La maggior parte di questi neuroni sensitivi è così piccola che solo recentemente si inizia a sapere qualcosa di essi. Se si studia un tipico nervo di un muscolo (ad esempio il nervo tibiale) si noterà che esso consta di almeno il triplo di fibre sensitive rispetto a quelle motorie. Di tali fibre sensitive, una piccola parte appartiene ai meglio conosciuti recettori di tipo I e II (che originano nei fusi muscolari, negli organi di Golgi, nei corpuscoli di Pacini e paciniformi e nelle terminazioni di Ruffini). La maggior parte, più di ¼, viene dai recettori di III e IV tipo (vedi schema). Possiamo definirli recettori interstiziali del tessuto miofasciale (generalmente conosciuti come interstitial muscle receptors, ovvero recettori interstiziali del muscolo) perché nella fascia abbondano. La maggior parte dei recettori nervosi interstiziali sono infatti meccanocettori, che rispondono quindi a cambiamenti di pressione e tensione, oltre che assolvere la funzione di recettori del dolore. La maggioranza di questi recettori di III e IV tipo ha funzione autonoma: la stimolazione delle loro terminazioni conduce ad esempio a cambiamenti nella frequenza cardiaca, nella respirazione, nella pressione del sangue, ecc.

Alcuni studi effettuati sui gatti hanno dimostrato che pressioni lente e profonde sui tessuti molli portano a una riduzione nel tono muscolare, misurata con l’attività EMG, mentre l’accarezzamento lento della schiena ha portato sia alla riduzione della temperatura della pelle sia a segni di inibizione del sistema motorio gamma. (von Euler e Soderberg, 1958)

Altri studi mostrano come una pressione profonda nell’addome (Folkow, 1962) e una pressione sostenuta nella zona pelvica (Koizumi e Brooks, 1972) producono risposte riflesse parasimpatiche che includono patterns di sincronia corticale nell’EEG, incremento di attività nelle fibre vagali e riduzione nell’attività EMG. Secondo il modello degli stati di modulazione dell’ipotalamo di Ernst Gellhorn, un incremento nel tono vagale non solo innesca cambiamenti nelle attività del sistema nervoso autonomo e correlati organi interni, ma tende anche ad attivare il lobo anteriore dell’ipotalamo. Una sorta di modulazione trofotropica dell’ipotalamo quindi induce un più basso tono muscolare diffuso, una più calma attività emozionale e un incremento della sincronia corticale, verificata sia nei gatti sia negli esseri umani (Gellhorn, 1967). è evidente che la stimolazione dei meccanocettori interstiziali e di Ruffini, provocando un aumento dell’attività vagale, può condurre non solo a cambiamenti locali delle dinamiche dei fluidi e del metabolismo dei tessuti, ma anche a un rilassamento del tono muscolare generale, minore reattività emotiva e pace mentale. Altresଠè stato dimostrato che manipolazioni rapide e brusche, profonde o superficiali, inducono una contrazione generale dei muscoli dello scheletro (Eble, 1960).

L’arco riflesso è il circuito neuromuscolare più semplice (Bienfait 1990, p. 47); il più importante è il cosiddetto stretch reflex, il riflesso miotattico.